LUSSU EMILIO

Emilio Lussu (da Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, La Pietra, Milano, 1976, vol. III, pp. 448-450)

Nato ad Armunzia (CagIiari), il 4 dicembre 1890, morto a Roma il 5 marzo 1975; laureato in legge. Ufficiale di complemento nella famosa Brigata «Sassari» durante la Prima guerra mondiale, si distinse per il suo coraggio. Più volte ferito in combattimento, si guadagnò numerose decorazioni al valore e promozioni sul campo. Dividendo con i suoi soldati, per lo più di origine contadina, la durissima vita di trincea e gli orrori della guerra (su quelle esperienze scriverà un libro giudicato tra i migliori del genere), maturò quelle convinzioni che lo avrebbero indirizzato verso il meridionalismo di cui era strenuo propugnatore Gaetano Salvemini.

II Partito d’Azione

Ritornato in Sardegna, divenne appassionato animatore del movimento che nel 1919, a Cagliari, portò al Partito sardo d’Azione, regionalista e ispirato agli ideali di rinnovamento economico e sociale dell’isola nel quadro di una democrazia repubblicana a base popolare.

Deputato per la Sardegna nel 1921 e nel 1924, ebbe un ruolo dirigente nelle agitazioni contadine del dopoguerra che misero capo alla enucleazione delle prime organizzazioni sindacali locali. Alla Camera e alla testa dei lavoratori sardi egli si batté con straordinario vigore polemico contro la dilagante corruzione della classe dominante nazionale e locale.

Di un antifascismo fiero ed energico, assai temuto dai fascisti, allorché fu compiuto il delitto Matteotti Lussu si levò ad accusare del crimine Mussolini e il fascismo, senza lasciarsi intimidire dall’atmosfera di terrore che lo squadrismo sollevava intorno agli oppositori dichiarati.

Decisi a sopprimere una volta per tutte l’avversario che non erano mai riusciti a piegare, la sera del 31 ottobre 1926 i fascisti circondarono in gran numero e bene armati l’abitazione di Emilio Lussu a Cagliari, proponendosi di ripetere quanto avevano già sperimentato nei confronti di altri esponenti politici dell’opposizione. Ma egli si barricò in casa e quando il primo dei suoi assalitori, spalleggiato dai complici, cercò di penetrare da una finestra, si difese sparandogli e uccidendolo. Presi dal panico gli altri squadristi si dileguarono.

Carcere e confino

L’episodio ebbe grande eco e Lussu fu immediatamente arrestato. Ma era tanto evidente la sua ragione che i fascisti non osarono neppure processarlo e, dopo 13 mesi di carcere preventivo, egli fu assolto in istruttoria per legittima difesa. Nondimeno, per espressa volontà di Mussolini, Lussu venne assegnato al confino a Lipari.

Nell’isola, che radunava un nutrito gruppo di esponenti dell’antifascismo militante, il deputato sardo si unì a Carlo Rosselli e a Fausto Nitti nel preparare l’evasione che, con audacia, fu attuata il 27 luglio 1929.

Nell’emigrazione

In Francia, dove i fuggiaschi trovarono riparo, Lussu prese parte alla costituzione del movimento di «Giustizia e Libertà» e ne divenne uno dei dirigenti.

Nella composita formazione rosselliana egli rappresentò la tendenza più accentuatamente di sinistra, improntata a una visuale che considerava quel movimento come nerbo di una futura forza socialista in Italia, nel presupposto dell’esaurimento della funzione di guida del proletariato da parte della organizzazione tradizionale, riformista e massimalista del P.S.l., nel cui spazio aveva oscillato appunto il socialismo italiano. Ma i postumi delle ferite di guerra e dei disagi subiti nel carcere costrinsero Lussu a estraniarsi per alcuni anni dall’attività militante, onde trascorrere un periodo di cura in una clinica svizzera.

Alla testa di «Giustizia e Libertà»

Ritornato alla politica attiva subito dopo la morte di Carlo Rosselli (giugno 1937), Lussu assunse la direzione del movimento giellista. A questo impresse un carattere di più marcata intonazione socialista rivoluzionaria, in contrasto con numerosi esponenti dell’antico gruppo dirigente i quali individuavano la funzione del movimento in una cornice di radicalismo repubblicano a sfondo liberale, fedeli in ciò ad alcuni spunti fondamentali della «sinistra risorgimentale».

Benché non marxista, in tutta la sua impostazione Lussu risentiva, accanto ai forti contenuti regionalisti del primitivo programma salveminiano, delle esperienze vissute col movimento contadino sardo; ed era anzi, si può affermare, l’unico dirigente di G.L. che provenisse da esperienze di massa. Nel suo legame con le masse, profondamente sentito, l’idealismo democratico-rivoluzionario di Lussu trovava un momento di più viva e concreta sensibilità nel fargli avvertire l’esigenza di commisurare ogni programma innovatore per il futuro del Paese alla capacità di sostegno delle masse popolari e alla loro funzione trainante. Da qui anche la necessità, da lui proclamata con insistenza, di lavorare per un saldo rapporto unitario tra le forze di sinistra repubblicane, socialiste e comuniste, la cui prospettiva si inserisse negli sviluppi avvenire di un’unica forza organizzata del proletariato italiano. Rosselli, negli ultimi articoli pubblicati alla vigilia della morte sul settimanale «Giustizia e Libertà», aveva avviato un discorso che adombrava appunto in questo senso una svolta del movimento; e Lussu vi aveva scorto una coincidenza con le proprie premesse di antica data sulla funzione della compagine nata nel 1929.

Seconda guerra mondiale

Scoppiata la Seconda guerra mondiale e invasa la Francia dalle truppe hitleriane, Lussu e la sua non meno ardimentosa compagna Joyce Salvadori organizzarono subito a Marsiglia un centro clandestino per l’emigrazione degli esuli politici già ospiti della repubblica francese.

Alla fine, perduta ogni speranza di proseguire l’azione in Francia, dovette egli stesso lasciare il paese. Visse e lavorò successivamente in America, in Inghilterra, in Portogallo, intrecciando piani di insurrezione antifascista in Sardegna, operando sempre a contatto con gli amici di G.L., studiandosi di guadagnare i governi delle potenze alleate alla causa di un antifascismo che voleva partecipare in modo attivo e diretto alla lotta contro il regime e il nazismo, anche per stimolare la ribellione interna in Italia contro la dittatura.

Rientrato in Francia, rappresentò G.L. nel «Comitato d’azione per la lotta unitaria del popolo italiano contro il nazismo e la guerra», costituito nel 1941 da comunisti, socialisti e giellisti e riconfermato con l’accordo del 3 marzo 1943. Tale intesa ribadiva l’unità delle forze di sinistra per la lotta contro il fascismo e per la ricostruzione del paese su basi democratiche, da attuarsi liquidando le radici sociali da cui era potuta scaturire la dittatura e fondando sul concorso popolare gli istituti rappresentativi della nuova realtà nazionale.

Alla caduta del regime fascista, il 25 luglio 1943, Lussu cercò di rientrare subito in patria. Vi riuscì soltanto alla metà del mese di agosto e si portò subito a Roma. Nel settembre partecipò, a Firenze, alla prima riunione nazionale del Partito d’Azione, cui aderì, sebbene conservasse riserve non marginali sull’identificazione di una continuità fra il movimento G.L. e la nuova formazione politica, soprattutto alla luce della interpretazione che, dei compiti e della collaborazione «azionista», davano Ugo La Malfa, Ferruccio Parri e in genere l’ala democratico-radicale del partito. Dopo l’8 settembre Lussu fu uno dei capi della Resistenza romana, organizzando nella Capitale i nuclei armati di «Giustizia e Libertà». Al tempo stesso, resse la segreteria del partito per l’Italia centro-meridionale.

Secondo dopoguerra

Alla Liberazione, Lussu divenne ministro per l’Assistenza post-bellica nel governo Parri (21 giugno-8 dicembre 1945). Fu poi ministro senza portafoglio, incaricato delle relazioni con la Consulta, nel primo governo De Gasperi (10 dicembre 1945-1 luglio 1946).

Membro della Direzione nazionale del P.d’A., si dimise dal ministero dopo il Congresso nazionale del partito che, nel febbraio 1946, segnò la scissione dell’ala capeggiata da Parri e La Malfa. Quando, nell’autunno 1947, il Partito d’Azione confluì nel P.S.l., Lussu entrò a far parte del Comitato centrale del Partito socialista e della Direzione, nella quale rimase fino al 1957.

Deputato e poi senatore, dirigente nazionale dell’A.N.P.l., con l’ala sinistra del P.S.l. condusse una drastica opposizione alla linea di convergenza con la Democrazia cristiana e con la socialdemocrazia, inaugurata nel 1957 dalla direzione di Pietro Nenni. Nel 1964 fu tra i promotori del distacco della corrente di sinistra dal partito per ricostituire il P.S.I.U.P., nel cui Comitato centrale entrò all’atto della proclamazione del rinato partito.

Senatore ancora per la IV legislatura repubblicana, si ritirò dall’attività militante nel 1968 a causa delle precarie condizioni di salute, pur continuando a mantenere un legame assiduo e attento con i problemi e le lotte politiche del movimento operaio.

Scrittore di finissime doti, è autore di saggi e pubblicazioni di analisi storico-politica risalenti al periodo dell’emigrazione; ma la sua fama di saggista è stata consacrata soprattutto dai libri Marcia su Roma e dintorni e Un anno sull’altipiano, l’uno dedicato alle vicende che portarono il fascismo al potere, l’altro a tracciare un panorama crudo e realistico, con scorci di rappresentazione altamente drammatica, della carneficina affrontata dai soldati italiani nella guerra 1915-18.

È autore inoltre di un volume sulla Teoria dell’insurrezione, edito in Francia nel 1936 (e riedito in Italia nel 1950); di Diplomazia clandestina, pubblicato nel 1956, e di Sul Partito d’Azione e gli altri, apparso nel 1968.

M.Gi.

(Dott. Mario Giovana - Comandante di formazioni partigiane nel Cuneese, poi ufficiale del Comando della II Divisione alpina G.L.. Direttore dei periodici «Giustizia e Libertà» e «Resistenza». Deputato regionale. Pubblicista.)