Presidenza onoraria

Francesco Berti Arnoaldi Veli

Nato a Bologna il 19 maggio 1926.
Nome di battaglia
Checco, partecipa alla Resistenza nella Brigata "Giustizia e Libertà" che il 20 ottobre 1944 libera Gaggio Montano, costituendovi la prima amministrazione democratica mentre ancora è in corso il conflitto. Fa parte del C.N.L. di Gaggio Montano fino all'estate 1945.
Avvocato, è consigliere dell’Ordine forense di Bologna dal 1970 al 1978 e partecipa nel 1988 alla Commissione Riforma del C.S.M. sul nuovo processo civile.

Sempre impegnato per tenere viva la memoria della Resistenza, è Presidente dal 1981 al 1995 dell'Istituto regionale "Ferruccio Parri" per la Storia del movimento di liberazione in Emilia Romagna e membro del consiglio direttivo dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia.
Il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro lo insignisce nel 1992 dell’onorificenza di grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana e nel 1998 dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica.
Nel
2005 è nominato Presidente Nazionale della F.I.A.P. - Federazione Italiana Associazioni Partigiane. Francesco Berti Arnoaldi è anche autore di "Cantatine partigiane" (Bologna, 1966), "Coi miei compagni io devo restare" (Venezia, 1975), "Viaggio con l’amico" (Palermo, 1991), "L’Amico cattolico" (Bologna 2005).

Giorgio Benvenuto

Nato a Gaeta l'8 dicembre 1937, è uomo politico e sindacalista.
Laureato in giurisprudenza, è stato a lungo esponente della UIL, ricoprendo la carica di Segretario Generale dei metalmeccanici e poi di Segretario Generale. Vice presidente della Confederazione Europea Sindacale, è chiamato all'impegno istituzionale nel 1992 come Segretario Generale del Ministero delle Finanze.

La sua vita politica e istituzionale è dedicata alla promozione della legislazione sul lavoro e alla riforma della macchina fiscale. Nominato segretario nazionale del Partito socialista Italiano nel 1993, si dimette dalla segreteria dopo pochi mesi e fonda Alleanza Democratica. Eletto deputato nel 1996, passa nel 1998 ai Democratici di Sinistra, entrando nella Segreteria nazionale e promuovendo il movimento Riformatori per l'Europa. Nel 2006 è eletto senatore.

Nel 2003 contribuisce a costituire la Fondazione Bruno Buozzi, della quale è eletto Presidente.

Vittore Bocchetta

Nato nasce a Sassari nel 1918, il padre è un ufficiale del Genio militare.
Dopo aver vissuto fra Bologna, Verona, Cagliari e la Libia, aderisce giovanissimo all’engagement antifascista veronese. Nel 1941, ventitreenne, comincia a subire la feroce prevaricazione del regime, passando lunghi periodi in carcere, provando la frusta degli interrogatori, l’umiliazione e l’emarginazione di una società alienata e conformistica.
Nel novembre 1943 divide la prigionia con Norberto Bobbio e i membri del primo Cln di Verona, per aver contribuito alla fuga di alcune centinaia di militari italiani detenuti dai nazisti. Rilasciato fortunosamente nel marzo 1944, si unisce al secondo Cln provinciale e può compiere un’efficace campagna di persuasione fra i giovani: molti dei nomi della resistenza veronese hanno incrociato il suo impegno. Viene arrestato per l’ultima volta nel luglio del ’44, appena in tempo per laurearsi in Lettere a Firenze. Torturato insieme agli altri membri del Cln, viene quindi deportato dapprima nel Lager di Bolzano, poi nei campi di sterminio di Flossenbürg ed Hersbruck. Qui vede morire uno ad uno quasi tutti i suoi compagni di lotta. Al ritorno a Verona, nel giugno del ’45, si trova presto corteggiato dai nuovi o risorti partiti, con i quali entra però fin da subito in dissidio. Nuovamente percosso ed emarginato, nel 1948 rifiuta una candidatura alla Camera dei deputati nelle file del Partito socialista e si decide per una sorta di esilio volontario. Parte così nel 1949 per Buenos Aires, con il visto di corrispondente per il quotidiano locale “L’Arena”, e lì comincia a riscuotere i primi successi come scultore e ceramista.

Dall’Argentina passa poi in Venezuela, ma quando, nel gennaio del 1958, durante un soggiorno negli Stati Uniti, apprende del colpo di stato contro il dittatore Pérez Jiménez, risolve di non rientrare più a Caracas, abbandonando là tutte le sue opere.

A Chicago ripercorre gli studi fino a ottenere il Ph.D. (Doctor of Philosophy), lavora come giornalista e critico d’arte e insegna Letterature comparate, Spagnolo e Italiano alla Indiana University, al Saint Xavier College, alla Roosvelt University, all’University of Chicago e alla Loyola University, dedicandosi in particolare alla presenza della tradizione latino-umanistica, da Orazio e Ovidio a Sannazaro, nella lirica spagnola del Cinquecento (i suoi poeti sono Garcilaso de la Vega, Fray Luis de León, Francisco de Quevedo y Villegas). Dal 1965 al 1986 è presidente della Società Dante Alighieri e dell’Istituto italiano di cultura di Chicago, ma solo nel 1972 può finalmente dedicarsi a tempo pieno alla scultura e alla pittura, lasciando la docenza e installando in città uno studio-fonderia per le opere in bronzo.

Da artista riceve importanti riconoscimenti e si vede dedicare mostre a Chicago - dove espone più volte al John Hancock Center - , a Detroit, New York, Washington D.C., Boston e, dagli anni Novanta, anche in Europa, specialmente in Germania. Una survey del “Chicago tribune” del 1990 lo annovera nella lista dei quaranta maggiori maestri internazionali e alcune sue opere oggi sono esposte o inventariate nei più importanti musei americani, come il Chicago Cultural Center e lo Smithsonian American Art

Museum di Washington.

Del 1989 è il suo ritorno definitivo a Verona, dove inaugura due sculture monumentali commissionategli dalla città. Nel 2009 è stato nominato presidente onorario della Fiap (Federazione italiana delle associazioni partigiane). Negli ultimi anni si è dedicato soprattutto a raccogliere le memorie del proprio impegno antifascista e all’attività di conferenziere, specialmente nelle scuole.

Mostre principali: Buenos Aires, 1952; Caracas, 1956; Detroit e Chicago, dal 1969 al 1986; New York, 1971, ’77 e ’85; Washington D.C., 1981; Boston, 1985; Verona, dal 1991 al 1996; Detmold (Nord Reno-Westfalia), 2003; Wolfsburg (Bassa Sassonia), 2004; Potsdam (Brandeburgo), 2004; Lüdenscheid (Nord Reno-Westfalia), 2005; Kassel (Assia), 2005; Weimar (Turingia), 2006; Regensburg (Baviera), 2011; Parigi, 2012.

Oltre ai due monumenti veronesi, fra il 1965 e il 1983 Bocchetta ha lasciato nelle strade e in palazzi pubblici di Bayamón (Puerto Rico), Chicago e Minneapolis alcune opere in bronzo, marmo e alabastro di grandi dimensioni. Nel 2006 ha inaugurato il suo ultimo lavoro pubblico, un memoriale in bronzo all’ingresso del campo di concentramento di Hersbruck, in Baviera.

Ettore Carinelli

È un militare dell'esercito italiano, impegnato in Sicilia a frenare l'avanzata degli Alleati, quando l'8 settembre 1943 Badoglio comunica l'armistizio. Sbandato, ripara in Svizzera e qui matura il suo antifascismo. Torna in Italia e ad Iselle si unisce alla brigata del comandante "Mirco", con il nome di battaglia di Ettore, poi entra nel comando di divisione della "Garibaldi-Redi". Ha il compito di inquadrare militarmente il Battaglione Misto Georgiani (prigionieri di guerra impiegati dai tedeschi sul fronte italiano, dove spesso disertano per passare dalla parte dei partigiani).

Caduta la Repubblica dell'Ossola, nell'ottobre 1944, assieme a tutta la divisione, rifiuta di riparare in Svizzera e torna in montagna, in una marcia di 22 giorni lungo i valichi ossolani, al comando del battaglione Brunetto. In seguito viene destinato al comando del battaglione d'assalto "la Volante Azzurra" ed è ferito a una gamba nel corso di un'azione.

Resta in montagna e diventa Intendente divisionale.

Dopo la Liberazione torna alla vita privata e si dedica all'attività imprenditoriale nell'azienda di famiglia, la farmaceutica Euticals, della quale è ad oggi presidente onorario.

Fernanda Contri

Nata a Ivrea il 21 agosto 1935.
Lavora a Genova come avvocata specializzata in diritto di famiglia.
È vicina al partito socialista, assieme al marito Giorgio Bruzzone, ex capo partigiano. Nel 1986 viene nominata nel Consiglio Superiore della Magistratura. Successivamente, nel 1992, viene chiamata, prima donna in Italia, a ricoprire la carica di Segretario Generale della Presidenza del Consiglio da Giuliano Amato, per poi divenire nel 1993 Ministro delle Politiche Sociali nel Governo Ciampi, periodo in cui tenta di varare lo Statuto per i diritti dei minori.
Nominata dal Presidente Scalfaro, prima donna nella storia repubblicana, Giudice della Corte Costituzionale nel 1996, presiede un’udienza pubblica della Suprema Corte e ricopre il ruolo di Vice Presidente.

Paola Del Din

Nata a Pieve di Cadore il 23 agosto 1923, è stata partigiana combattente nelle file della brigata Osoppo col nome di Renata (in ricordo del fratello ucciso) ed è stata insignita della Medaglia d'oro al valor militare.

Paola Del Din entrò nella Resistenza subito dopo l'8 settembre 1943. Assieme al fratello Renato, di un anno più vecchio di lei, fu tra i fondatori delle Brigate "Osoppo-Friuli", formazioni partigiane patrocinate dalla Democrazia cristiana, dal Partito d'Azione, dal Partito socialista e dal Partito liberale del CLN di Udine. Renato morì a Tomezzo il 25 aprile 1944 durante un'azione di attacco ad una caserma della milizia fascista: da quel momento Paola assunse il nome di battaglia di "Renata". Incaricata di portare documenti oltre le fila nemiche, riuscì ad arrivare a Firenze e per tornare al nord decise di addestrarsi come paracadutista nella base inglese di San Vito dei Normanni in Puglia. Grazie all'addestramento passò numerose volte il fronte, sempre paracadutata al nord, portando notizie preziose e restando ferita. Tornò in seguito a combattere nella Osoppo fino alla Liberazione, rifiutando di prendere i gradi nell'esercito inglese e ottenendo la liberazione del padre Prospero, ufficiale degli Alpini prigioniero degli inglesi in India.

La motivazione della medaglia d'oro assegnatale ricorda che "Dopo aver svolto intensa attività partigiana nel Friuli nella formazione comandata dal fratello, ad avvenuta morte di questi in combattimento, viene prescelta per portare al Sud importanti documenti operativi interessanti il Comando alleato. Oltrepassate a piedi le linee di combattimento dopo non poche peripezie e con continuo rischio della propria vita e ultimata la sua missione, chiedeva di frequentare un corso di paracadutisti. Dopo aver compiuto ben undici voli di guerra in circostanze fortunose, riusciva finalmente, unica donna in Italia, a lanciarsi col paracadute nel cielo del Friuli alla vigilia della Liberazione. Nel corso dell’atterraggio riportava una frattura alla caviglia e una torsione alla spina dorsale, ma nonostante il dolore lancinante, la sua unica preoccupazione era di prendere subito contatto con la missione alleata nella zona per consegnarle i documenti che aveva portato con sé. Negli ultimi giorni di guerra, benché claudicante, passava ancora ripetutamente le linee di combattimento per recapitare informazioni ai reparti alleati avanzanti. Bellissima figura di partigiana seppe in ogni circostanza assolvere con rara capacità e virile ardimento i compiti affidatile, dimostrando sempre elevato spirito di sacrificio e sconfinata dedizione alla causa della libertà".

Paola Del Din è stata esponente e presidente della Federazione Italiana Volontari della Libertà prima di entrare dal 2016 nella Presidenza onoraria della F.I.A.P., accettando la carica con la volontà di “non sprecare con inutili antagonismi la Libertà e la Democrazia, conquistate con sacrificio e dolori, come è stato fatto troppo spesso attraverso i decenni portando grave danno alla Italia anche in rapporto all'Europa Unita".

Giorgio Galli

Nato a Milano nel 1928.
Sfollato a Casalpusterlengo nella seconda guerra mondiale, vive da ragazzo sotto i bombardamenti e ricorda in particolare quello dell’agosto 1943.
Dopo la guerra si dedica allo studio e si laurea in giurisprudenza, fino a diventare docente di Storia delle dottrine politiche presso l’Università Statale di Milano.

Dedica gran parte dei suoi lavori all'analisi del sistema politico italiano, adottando metodologie mutuate dalle scienze sociali. I suoi numerosi studi innovano profondamente l’analisi storica, politica e politologica.

Tra i suoi libri: "Storia del Partito comunista italiano" (1958); "I partiti politici" (1974); "Dal bipartitismo imperfetto alla possibile alternativa" (1975); "Storia della DC" (1978); "Storia del socialismo italiano" (1980); "Manuale di storia delle dottrine politiche" (1985); "Storia del partito armato" (1986); "Storia dei partiti politici europei" (1990); "I partiti politici italiani" (1991); "Mezzo secolo di DC" (1993); "La politica e i maghi. Da Richelieu a Clinton" (1995); "L'impero americano e la crisi della democrazia" (2002); "Piombo rosso. La storia completa della lotta armata in Italia dal 1970 a oggi" (2004); "Non credo. Lettura critica del nuovo catechismo della Chiesa cattolica" (2006); "Le coincidenze significative. Da Lovecraft a Jung, da Mussolini a Moro, la sincronicità e la politica" (2009), "Pasolini comunista dissidente" (2011).

Carlo Ripa di Meana

Nato a Pietrasanta il 15 agosto 1929 da famiglia nobile.
La mamma, Fulvia Ripa di Meana, nella Roma occupata gestisce in casa propria una vera banca clandestina per sovvenzionare la resistenza, in particolare badogliana. I ragazzi Ripa distribuiscono
"Italia Libera", il giornale del Partito d'Azione, in particolare Carlo e Vittorio, i maggiori.

Dopo la guerra Carlo diventa redattore de L'Unità (1950-53), poi dirige a Praga la rivista comunista World Student News, fino al 1957, quando esce dal partito comunista e si iscrive al PSI.

Giangiacomo Feltrinelli intanto lo chiama a Milano per l'apertura della sua prima libreria milanese; nel frattempo dirige la rivista Passato e Presente, nata attorno ad Antonio Giolitti. Nel 1970 è eletto consigliere regionale per il Partito socialista e negli anni successivi dirige la Biennale di Venezia. Negli anni '80 è deputato europeo per il partito socialista, dal quale esce nel 1992. Nello stesso anno è nominato Ministro dell'ambiente nel primo governo Amato, in seguito torna al Parlamento europeo eletto nelle liste dei Verdi fino al 1999. Dal 2000 al 2005 è consigliere regionale in Umbria, poi diventa presidente dell'associazione ambientalista Italia Nostra e dal 2008 passa a presiederne la sede romana.

Muore il 2 marzo 2018 a Roma.

Amos Messori

Nome di Battaglia "D'Artagnan". Partigiano della VII divisione Giustizia e Libertà di Ivrea.

Nato il 6 febbraio del 1922 a Correggio (Reggio Emilia), terminati gli studi si trasferisce nell'Agro Pontino e qui partecipa a un corso per allievi sottufficiali dell'Aeronautica.

Nel giugno 1941, con la qualifica di operatore di bordo, viene assegnato all'aeroporto di Centocelle come addetto al trasporto di truppa e materiali nell'area del Mediterraneo. A novembre 1942 il suo aereo viene colpito da un caccia inglese e precipita in mare. Messori riesce a salvarsi e, insieme ad altri commilitoni, viene trasferito prima a Torino e poi a Ivrea. Qui conosce Lilia Moia, impiegata alla Olivetti e anche lei impegnata nella lotta di Liberazione come staffetta. Da quel momento i due, che poi si sposeranno e avranno due figlie, restano sempre assieme.

Dopo l'8 settembre 1943 Messori si unisce a un gruppo di partigiani che operano in Valsoana e, a novembre, conosce Mario Pelizzari (Almiro), comandante del battaglione Fratelli Rosselli di Giustizia e Libertà, al cui fianco combatterà per tutti i venti mesi della resistenza, con il nome di battaglia di D'Artagnan (per via dei capelli lunghi come lo spadaccino di Dumas).

La notte del 23 dicembre 1944, assieme ad Almiro e ad altri 11 compagni, Messori compie quello che Calamandrei definì “un eroismo di ingegneria partigiana… un capolavoro di calcolato eroismo” e che viene ricordato come "il più eroico atto di sabotaggio della guerra di Liberazione": la distruzione del ponte ferroviario sulla Dora Baltea a Ivrea.

Questa la breve sintesi dell'episodio: la brigata aveva preso contatto con la Missione Alleata. Almiro aveva incontrato gli ufficiali inglesi MacDonald, Amore e il capitano Eugenio Bonvicini (detto il Carmagnola). Gli inglesi erano determinati a bombardare il ponte ferroviario e la città di Ivrea per interrompere le forniture belliche dirette in Germania. Ciò avrebbe comportato una strage dei civili. Fu Pelizzari a proporre un piano alternativo che gli Alleati considerano impossibile: il sabotaggio del ponte sulla Dora.

Gli 11 agirono la notte di Natale, con la città blindata da posti di blocco tedeschi e fascisti. Cinque uomini si disposero all’imbocco della galleria dalla parte di Montalto Dora: Gino Barbieri (Gim), Franc, Carlo, Lapis e Armando Stratta. Sotto il cavalcavia stradale, vicino alla Villa Demaria, la sede del comando tedesco restarono Nuccio e Pettirosso. Sparito e Fulmine vigilavano sulla ferrovia. Almiro e D’Artagnan andarono sul ponte a mettere le cariche del plastico.

La carica esplose dopo 30 minuti, facendo saltare il ponte e bloccando il bombardamento.
Muore il 9 gennio 2018 a Torino.

Su Amos Messori si veda Simonetta Valenti, Il ragazzo che sognava di volare. Dalle memorie di Amos Messori, partigiano "D'Artagnan", Torino, 2010, edizioni Archimpiazza.

Giorgio Ruffolo

Nato a Roma il 14 agosto 1926 da una famiglia di tradizioni repubblicane.
Laureato in giurisprudenza, economista di formazione, ha ricoperto incarichi in imprese pubbliche e private, fra cui l'ENI, al fianco di Enrico Mattei, dal 1956 al 1962, e in centri di ricerca (Ufficio studi della Banca Nazionale del Lavoro e Organizzazione per la Cooperazione Europea, Ocse, a Parigi).

È stato Segretario Generale alla Programmazione Economica fino al 1975, Ministro dell'Ambiente dal 1987 al 1992, deputato del Partito Socialista Italiano alla Camera, Senatore della Repubblica e deputato al Parlamento Europeo. Ha presieduto la FIME (Finanziaria Meridionale per lo sviluppo di imprese industriali nel Mezzogiorno). Ha fondato nel 1981 il Centro Europa Ricerche (Cer), istituto specializzato in previsioni economiche e ricerche di politica economica, di cui è tuttora Presidente.

È editorialista del quotidiano La Repubblica. Tra i libri pubblicati: "La grande impresa nella società moderna" (Einaudi), "Rapporto sulla programmazione" (Laterza), "La qualità sociale" (Laterza), con Alfredo Reichlin "Riformismo e capitalismo globale" (Passigli), "Cuori e Denari" (Einaudi), "Lo specchio del diavolo, una storia dell'economia dal paradiso terrestre all'inferno della finanza" (Einaudi). Collabora al settimanale L’Espresso e ad altre riviste.

Mario Tonghini

Classe 1923, è stato comandante della brigata gap-sap "Perretta" operante nel comasco.

Noto col nome di battaglia di Stefano, dopo una avventurosa fuga l’8 settembre 1943 e l’internamento in Svizzera, tornò a Como e organizzò un laboratorio di riparazioni e costruzioni radio in via Milano, prendendo i primi contatti con il movimento clandestino. Nel dicembre 1943 entrò nelle formazioni partigiane (nome di copertura "Stefano") con la” 1a Brigata Cacciatori delle Grigne" poi diventata "89a Brigata Poletti" in Val d'Erna sopra Mandello Lario, assumendo il Comando del distaccamento Bocchetta di Palagia.

Nel settembre 1944 si riportò a Como assieme a "Walter" (Gaffuri Dino) e ad Ennio Ferrari e qui prese contatti con Pier Amato Perretta, Gorreri, Marnini, Manfredi e altri. Divenne poi comandante della brigata "Perretta". Dopo la Liberazione fu commissario del Comando di Piazza di Como del Corpo Volontari della Libertà.

Per la sua biografia si rimanda a "Stefano in città", realizzato dal Gruppo di lavoro dell’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta”, col coordinamento di Barbara Rizzi.