QUADERNI della F.I.A.P. n.33 Stefano Pivato Il teatro di parrocchia.
durante
il fascismoMondo cattolico e organizzazione del consenso | © I Quaderni della FIAP È permessa la riproduzione integrale a fini scientifici e divulgativi del presente articolo con obbligo di citazione della fonte Quaderni della FIAP, n.33 Il teatro di parrocchia. Mondo cattolico e organizzazione del consenso durante il fascismo. Stefano Pivato Nella ormai vasta storiografia sul movimento cattolico non
figura – ch’io sappia - un tentativo
non solo di analisi, ma nemmeno di ricostruzione, di quella estesissima
ragnatela di istituzioni culturali a carattere popolare attraverso le quali la
presenza dei cattolici nella società italiana del novecento profondamente
appare radicata. Alludo ovviamente alle biblioteche circolanti, alla
multiforme stampa devozionale e missionaria, agli almanacchi che venivano
distribuiti ad ogni famiglia, alle «filmine» edificanti, insomma a tutta quella
pubblicistica minore che con un termine generico potrebbe considerarsi «cultura
dell’oratorio» alla quale, specie in una società prevalentemente rurale, è
demandato in genere un compito di non secondaria importanza nell’azione
aggregante dei fedeli. Stefano Pivato, che lavora nell’Istituto di storia dell’Università
di Urbino, è da considerarsi quindi uno dei primi in Italia che sta svolgendo
le proprie ricerche in questa direzione. Ricerche tutt’altro che facili,
giacché alle normali difficoltà di carattere metodologico si aggiungono anche
quelle euristiche in quanto quel genere di pubblicistica è pressoché
irreperibile negli archivi ufficiali. Il saggio sul teatrino di parrocchia, che qui si pubblica, costituisce
pertanto l’iniziale tentativo di un’analisi più vasta sulle istituzioni
culturali cattoliche di tipo popolare e quindi a carattere di massa dal periodo
giolittiano al fascismo. Vi compare una delle principali preoccupazioni del
giovane storico urbinate che è per l’appunto quella della ricostruzione
organizzativa e della sua ampiezza, senza di cui sfuggirebbe la reale incidenza
che un fenomeno così particolare può aver avuto non solo come mezzo ricreativo
ma altresì come veicolo e strumento – spesso involontario – del consenso
politico presso le famiglie cattoliche. L’analisi dei modelli sociali e della ideologia, diffuse dal
teatrino attraverso le «pièces» più rappresentate nel periodo fra le due
guerre, aiuta certamente per un lato a precisare la natura di quel consenso e
il ruolo che può aver avuto l’organizzazione cattolica e per l’altro nel
promuovere negli ambienti parrocchiali certi valori etici e sociali antimoderni
ambiguamente strumentalizzati dal regime fascista e quindi coincidenti, in
ultima analisi, con la propaganda ufficiale. Attraverso questo spaccato settoriale, Stefano Pivato non ha
tralasciato naturalmente di sottolineare con pertinenti analisi i vasti strati
popolari che la «pedagogia» parrocchiale raggiungeva durante gli anni del
fascismo e di conseguenza ha potuto rilevare anche in questo settore le basi di
quella potenziale incidenza che il partito cattolico non avrebbe tardato a
utilizzare nel dopoguerra. Lorenzo Bedeschi Urbino, marzo 1979. |